Ci vuole coraggio nel continuare a inseguire il “Piano A” quando la via alternativa offre più soddisfazioni, a maggior ragione quando la carriera non ti ha dato grandi soddisfazioni. C’è però qualcosa che spinge Marcelo Arevalo a tenere duro e inseguire un sogno con la racchetta in mano, nonostante il ranking ATP lo veda al numero 296 (mentre è 70esimo in doppio). Nel caldo asfissiante di Milano, ha raggiunto il terzo turno all’ASPRIA Tennis Cup – Trofeo BCS (46.600€, terra). Sul Campo 13, ha tenuto a distanza l’australiano Maverick Banes col punteggio di 6-1 6-4, raccogliendo punti preziosi per una risalita che si annuncia difficile. Ma lui, con una storia difficile alle spalle, non si arrende. Da junior è stato numero 8 al mondo, era forte e promettente. Tra i suoi avversari c’erano Grigor Dimitrov e David Goffin, che qualche anno dopo si sarebbero affrontati nella finale del Masters mentre lui era impelagato nei tornei minori. “Qui a Milano, oltre al caldo, c’è grande umidità – racconta Arevalo, che negli ottavi se la vedrà con Alexandre Muller – però è lo stesso per tutti i giocatori. Credo che vincere il primo set mi abbia dato un notevole vantaggio sul piano mentale”. All’ASPRIA Harbour Club, il salvadoregno gioca anche il torneo di doppio, in cui è favorito insieme a Miguel Angel Reyes Varela. Ci si domanda per quanto tempo possa continuare in entrambe le specialità, a maggior ragione quando le differenze di classifica sono così evidenti. “L’anno scorso sono stato numero 139 in singolo, ma poi non è andata come avrei voluto. Ho avuto una serie di infortuni alla schiena e non potevo giocare al 100%. Non ho interrotto l’attività, ma non ero a posto. Purtroppo sono sceso intorno al numero 350 – racconta Arevalo – adesso, grazie a Dio, ho ripreso a fare le cose per bene. Ho un buon allenatore, Yari Bernardo, e in questa fase della stagione sulla terra europea ho vinto un paio di buone partite. C’è grande motivazione per continuare a giocare bene in singolo”.
LE FORTUNE DI GOFFIN E DIMITROV
Non sarà facile, anche in virtù di un passato difficile che lo ha portato da fenomeno junior a semplice studente negli Stati Uniti (si è laureato in Amministrazione d’Impresa alla Rice University, in Texas). Quando gli si chiede cosa ha pensato quando Dimitrov-Goffin si sono affrontati al Masters, i ricordi riaffiorano come un fiume in piena. “Da top-10 junior ero molto motivato, ma purtroppo non ho avuto lo stesso appoggio, i contratti e i manager di Goffin e Dimitrov. Prendi il belga: ci siamo affrontati due volte, con una vittoria per parte, e gli stavo davanti in classifica. Eppure lui aveva un buon contratto, un’agenzia che lo gestiva e gli pagava gli allenatori. Sin da junior viaggiava con coach e preparatore fisico. Accadeva lo stesso a Dimitrov, che all’epoca aveva già firmato con IMG, Nike e Wilson. Io vengo dal El Salvador e non avevo niente, neanche un contratto di abbigliamento. Anche da junior mi sono sempre comprato gli abiti. Non mi hanno fatto firmare neanche un contratto nonostante fossi numero 8 del mondo”. Il problema, per Arevalo, era il paese di provenienza: a El Salvador non c’era una corretta percezione del cammino necessario per diventare un buon giocatore. “Questo elemento culturale mi ha impedito di avere l’appoggio necessario per diventare un professionista. Sono rimasto senza soldi e l’unica scelta possibile è stata l’università”. È passato tanto tempo, la rabbia e la tristezza sono state sostituite da una sana voglia di riscatto. E poi, finalmente, le cose sono cambiate. Da qualche tempo, la federtennis salvadoregna ha lanciato un programma denominato “Tenis Al Alcance de Todos”. “Il progetto si è sviluppato nell’ultimo anno. È cambiata la giunta direttiva, adesso il presidente della FST è mio fratello Rafael, che è stato un ottimo giocatore (ha affrontato Federer alle Olimpiadi di Pechino, ndr) e ha la motivazione di vedere più salvadoregni possibile tra i junior e, perché no, tra i professionisti. Nell’ultimo anno sono state fatte cose che a El Salvador non si erano mai viste: per la prima volta, sono stati coinvolti i ragazzi delle scuole pubbliche. Si danno lezioni, si fanno tornei, finalmente c’è spazio per il pubblico. Prima si consideravano soltanto le realtà private perché pagavano e la federazione ne beneficiava. Adesso facciamo qualcosa di diverso con i bambini, con l’obiettivo di scoprire se ci sono talenti. Tra un paio d’anni vedremo se si sarà creata una nidiata di buoni junior”. Nel frattempo, lui provera a lasciare il segno a Milano.